“Mamma, voglio fare il content creator.”

A marzo di quest’anno, il Presidente Sergio Mattarella ha deciso di organizzare un incontro con alcuni dei più famosi influencer e content creator italiani per discutere con loro sulla Costituzione. L’importanza del lavoro online è stata riconosciuta anche dalla più alta carica dello Stato. Come siamo arrivati a tutto questo?

Se dovessimo riconoscere l’origine degli influencer e dei content creator, potremmo affermare con una certa fermezza che si tratta di YouTube. Se non fosse stato per questa piattaforma che, nel decennio del 2010, ha permesso a tante persone di dar vita alla loro creatività monetizzando sui propri contenuti, oggi il mondo online sarebbe molto diverso da come lo conosciamo.

Fin da piccoli, i ragazz* della GenZ sono stati esposti alla possibilità di poter lavorare online. “Mamma, voglio fare lo youtuber” probabilmente è stata la frase più pronunciata del 2014: infatti, era possibile diventare famosi e fare soldi registrando dei video nella propria cameretta.

La possibilità di capitalizzare sui contenuti multimediali ha cambiato radicalmente l’orizzonte lavorativo di un’intera generazione. Il sogno di tutti noi è stato quello di diventare prima youtuber, poi influencer e infine content creator. Infatti, con l’introduzione di ulteriori piattaforme oltre a YouTube, sono nate ulteriori figure lavorative.

Uno degli errori che si commette più spesso è proprio quello di omologare tutte le professioni online sotto il denominativo di “influencer” ed è sbagliato sotto diversi profili. Ad esempio, sulla differenza tra influencer e content creator, Forbes ha affermato che, per questi ultimi, sono imprescindibili le idee creative. Sia influencer che content creator sponsorizzano prodotti e brand (e vengono pagati per farlo), ma per i secondi questa attività si inserisce in una impegnativa ricerca creativa e realizzazione materiale.

A questo punto viene da chiedersi se diventare un content creator sia davvero così semplice come si pensa, se bastino davvero un cellulare e una buona idea per poter spopolare sui social e guadagnare denaro.

Sicuramente no. Come tutti gli ambienti lavorativi, anche internet richiede determinate attitudini psicologiche e skills pratiche: bisogna essere spinti da una forte carica creativa, avere pazienza affinché i propri contenuti ricevano il successo meritato e, allo stesso tempo, conoscere le regole base della registrazione ed editing di video e contenuti.

Il fenomeno della viralità, a cui siamo tanto abituati, è temporaneo: sicuramente la prospettiva lavorativa su internet può nascere da un caso fortuito, però per mantenerla bisogna impegnarsi e investire molto tempo e risorse.

Per comprendere meglio tutti questi concetti, noi di SiamoZeta abbiamo deciso di intervistare un content creator vero e proprio: Cristian Michieli, sui social @grancrispymichbacon. Studente universitario con il sogno di diventare doppiatore, si dedica dal 2021 alla produzione di video comedy, in particolare imitazioni di personaggi del Web, ed è riuscito a trasformare la sua passione nel creare video in un lavoro.

Grazie alle sue parole abbiamo compreso meglio il mondo social da un punto di vista professionale e speriamo possiate farlo anche voi!

  1. Come e perché hai iniziato a creare contenuti online: lo hai fatto per gioco o ti aspettavi potesse diventare il tuo lavoro?
    È nato tutto per gioco. Nel 2021 ho registrato il mio primo video comedy perché ero a casa con il covid e sono stato ispirato da un personaggio divertente di TikTok per un’imitazione: mi è sempre piaciuto far ridere le persone e soprattutto imitarle nei gesti e nella voce.
    Dopo 48 ore, questo primo video ha raggiunto le 100 mila visualizzazioni e molti like. Ho impiegato tre o quattro mesi per capire che questi numeri erano segno di un’enorme opportunità che avrei potuto vivere.
    Nel frattempo avevo iniziato a pubblicare video-imitazioni più elaborati: parodizzando i vari personaggi del web, li inserivo in diversi contesti televisivi come MasterChef, X-Factor o Amici per divertire ancora di più il pubblico. 
    Sono stato sorpreso dall’idea che la mia passione per il comedy potesse trasformarsi in un lavoro, però non mi ha sorpreso l’idea di poter lavorare su internet in sé: la figura dell’influencer ai tempi era già sdoganata e quindi già si avevano delle persone a cui poter far riferimento per elaborare un’idea lavorativa. Il mio obiettivo pian piano era diventato quello di poter fare ciò che facevano loro, ma meglio. 
  2. All’inizio quindi ti ha spinto la creatività o la folgorazione dei numeri a continuare la registrazione di video su TikTok?
    Non mentirò: quando ci si approccia a una piattaforma social, è ovvio che ci si fa un po’ annebbiare la vista dai numeri all’inizio.
    Fortunatamente sono sempre riuscito a unire questa folgorazione, come l’hai chiamata tu, alla mia passione: all’inizio erano proprio i numeri a darmi la carica per pensare e creare sempre contenuti diversi e divertenti.
    Nel corso del tempo, poi, ho imparato a rendermi conto che proprio dietro quei numeri ci sono persone reali che mi seguono e mi danno la giusta carica per produrre nuovi contenuti. Con alcuni di loro, addirittura, sono nate delle belle amicizie.
    Quindi, sì, all’inizio la vista dei grandi numeri acceca e il trucco sta nel realizzare che non si tratta solo di matematica, ma di persone vere e proprie. 
  3. Qual è il tuo processo creativo e quanto tempo ci impieghi?
    Parto dall’idea per un video: può venirmi in un qualsiasi momento della giornata, per qualcosa che vedo o per qualcosa a cui ripenso; mi concentro su un dettaglio particolare di quell’immagine e, come per magia, si materializza il titolo per il video. 
    Inizio a cercare il materiale che occorre, come dei vestiti o dell’attrezzatura particolare, e compro tutto. 
    Naturalmente poi scrivo il video. Mediamente impiego un’oretta: il tempo cambia in base al format che voglio registrare. Sempre sulla base di ciò cambia il tipo di studio che devo fare prima di registrare. Ad esempio, se decido di parodizzare una puntata di Muschio Selvaggio, prima devo studiare le figure dei conduttori: i tatuaggi, il modo in cui parlano, il linguaggio del corpo e tanto altro. Tant’è che per arrivare alla creazione del video, posso metterci anche tre o quattro giorni. 
    La registrazione impiega da un minimo di 40 minuti a un massimo, più o meno, di 5 ore e infine il montaggio non supera quasi mai le tre ore. 
    Al contrario di quello che si pensa, è un lavoro a tempo pieno. 
  4. Tu stai guadagnando attivamente e attualmente dai tuoi contenuti? Se sì, come funziona? E dopo quanto tempo dalla tua prima pubblicazione, hai iniziato a monetizzare sui video? 
    Ad oggi, sì, riesco a guadagnare dai miei contenuti. Ovviamente dietro c’è tutto un percorso.
    Io ho iniziato a guadagnare, nell’estate 2022, dai miei video con il fondo per i creator di TikTok: la piattaforma retribuiva con compensi veramente bassi i contenuti più di successo. Questo tipo di retribuzione era direttamente proporzionale alla quantità di contenuti prodotti e pubblicati: in un periodo io per primo avevo iniziato a postare giornalmente; ora 4 volte a settimana.
    Ad essere sinceri, il fondo creator è stato tolto (22 marzo 2024) perché ad aprile ne verrà aperto uno nuovo che, si dice, sarà più finanziato. Secondo queste voci di corridoio, i guadagni saranno più sostanziosi su TikTok.
    Ad ogni modo, le retribuzioni più copiose sono quelle delle sponsorizzazioni. Dopo un periodo di scambio merce (io sponsorizzavo prodotti che mi venivano spediti gratuitamente), nel 2022, ho contattato un brand senza che fossi rappresentato da nessuna agenzia proponendogli una sponsorizzazione e accettò. Quella prima esperienza mi ha fatto capire che si possono trovare clienti anche senza un agente, ma che sicuramente sarebbe più facile il contrario; per questo sono entrato in due diverse agenzie. Nella prima (dicembre 2022-aprile 2023) venivano lodati e riconosciuti solo i personaggi che già vantavano un vasto seguito, quindi ho deciso di allontanarmene.
    A partire da maggio, proprio quando sono legalmente uscito dalla prima agenzia, mi hanno iniziato a contattare vari brand. Nel corso di quei mesi ero cresciuto molto sui social ed ero diventato più appetibile agli occhi delle aziende. Da quel momento in poi, quindi maggio 2023 ho lavorato per brand o aziende in maniera quasi costante. Facendo due calcoli, posso dire di aver impiegato due anni per raggiungere l’occhio interessato dei brand e per iniziare a collaborare sotto retribuzione con loro. 
  5. Come descriveresti il rapporto tra le aziende e i content creator? Secondo quale dinamica i brand scelgono più alcune personalità che altre? 
    Secondo me, il primo fattore che i brand controllano, quando devono individuare dei talent, è il legame tra il content creator e la sua community: a contare non sono solo le visualizzazioni, ma anche l’impatto sul seguito.
    Ricordiamoci comunque che la maggior parte dei brand si affida a delle agenzie che, ovviamente, propongono il loro creator più adatto alla commissione: quello che più di tutti riesce a incontrare le idee creative del cliente e, soprattutto, i suoi valori.
    Solitamente content creator e brand si mettono in contatto in occasione di un brief durante il quale si discutono le linee guida per la produzione del contenuto. Ultimamente, le aziende stanno lasciando sempre più carta bianca ai content creator: ovviamente niente viene pubblicato senza la revisione e l’approvazione del cliente. Il rapporto lavorativo è sempre contraddistinto dalla massima comunicazione. 
  6. Tu ti definiresti un influencer? Qual è la differenza tra content creator e influencer?
    Partendo dal presupposto che influencer e content creator rappresentano due categorie di lavoratori distinte, posso affermare di non reputarmi un influencer. Infatti, non sono relegato alla sola sponsorizzazione e pubblicità di un prodotto; il mio compito non è quello “di farla acquistare a più persone possibili”.
    Io sono un content creator e, tra le altre cose, certamente produco video retribuiti; questi però si inseriscono sempre nella mia comicità e nei miei format, non rappresentando mai contenuti distanti dalla mia personalità. Quando sponsorizzo qualche prodotto, cerco sempre di incorporarlo nei miei format e, a tratti, di renderlo il protagonista. 
    Alla fine l’obiettivo è sempre quello di interessare gli spettatori che, proprio per questo, non dovrebbero neanche rendersi conto di star consumando una pubblicità. Ovviamente non mi riferisco a pubblicità occulte, ma a modi di intrattenimento delle persone: se pensi ai The Jackal, loro immergono talmente bene i prodotti da sponsorizzare, che sono sempre ben visibili, nei video che quasi non ti accorgi si tratti di una pubblicità. 
  7. L’algoritmo è democratico: i settori di interesse riescono a trovare tutti dei consumatori oppure alcuni contenuti sono preferiti rispetto ad altri?   
    Inizio con il dire una cosa: ogni settore di interesse su internet trova il suo spazio e lo fa soprattutto grazie ai podcast. 
    Dico questo perché è giusto che argomenti come la fisica o la storia possano essere effettivamente approfonditi dalle persone. Io direi che internet è democratico perché offre più contenuti, più piattaforme ognuna adatta a diversi argomenti e tematiche. Questo permette ai fruitori di scoprire in un contenuto su una piattaforma un nuovo interesse che può approfondire su un’altra piattaforma.
    Vincenzo Schettini (sui social @lafisicachecipiace) ha fatto appassionare tantissime persone alla fisica, come altri personaggi sono riusciti a farlo con la letteratura e la filosofia. Questo significa che c’è effettivamente spazio per tutti. 

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