Risale al 13 gennaio la notizia del provvedimento deciso dal preside del liceo Tasso di Roma, il quale, a fronte dei danni causati dall’occupazione, ha sanzionato col cinque in condotta i ragazzi che si sono autodenunciati e per i quali si ipotizzano anche dieci giorni di sospensione.
La reazione dei rispettivi genitori è stata a dir poco inaudita, in quanto si sono rivolti al preside anche con minacce.
Questo porsi in forte contrapposizione con la scuola -in particolar modo verso i docenti – e la difesa incondizionata dei figli non è un fenomeno inedito, anzi. A cambiare negli ultimi anni è stato soprattutto il modo in cui le famiglie si interfacciano sia agli insegnanti che alla scuola stessa, da intendersi nella sua accezione istituzionale.
Di certo ci troviamo in un’epoca complessa per il triangolo genitori-figli-insegnanti, poiché le parti sono state segnate da cambiamenti e influenzate da fattori che hanno portato a un quadro ben preciso. A seguito del cambiamento dei modelli educativi il rapporto genitore-figlio è profondamente mutato, come anche le esigenze delle famiglie (formate da un nucleo familiare non più “tradizionale”), e degli stessi figli. È poi venuta meno la concezione dell’insegnante come punto di riferimento nell’educazione dei bambini, dovuta in parte anche a un problema valoriale legato alle condizioni della scuola italiana, che non gode di buona salute.
Tutti questi elementi hanno quindi procurato un cambiamento contestuale dell’asse casa-scuola, incidendo profondamente il contesto in cui è calato il bambino.
I genitori
La differenza che intercorre tra i genitori di oggi e i genitori del passato è individuabile, in primis, nel cambiamento dei miti affettivi, ovvero l’adozione di un diverso modello educativo. La famiglia normativa, che vedeva il genitore pieno di autoritarietà e il figlio sottostante al suo volere e obbediente, è stata sostituita dalla famiglia affettiva, la quale abbandona completamente questi metodi e asseconda la creatività e l’espressività del bambino, ascoltando molto di più i suoi bisogni.
Il genitore punta quindi ad avere una relazione col figlio più sincera ed aperta, con un’attenzione particolare ad instaurare una sintonizzazione affettiva e un rapporto basato sulla fiducia.
Tuttavia, questo cambiamento del modello famigliare ha dato vita a particolari derive del rapporto genitore-figlio, le quali sono alla base delle problematiche che intercorrono tra la scuola e famiglia e tra famiglia e figli.
Negli ultimi tempi si è infatti osservato un livellamento del rapporto genitore-figlio, in virtù del quale si viene ad instaurare un rapporto eccessivamente confidenziale e finendo per trasformare la genitorialità in amicizia, a discapito dell’autoritarietà propria del padre e della madre. Per timore di danneggiare la relazione, la responsabilità genitoriale di imporre regole viene quindi abdicata in favore di una confidenza che si rivela controproducente.
Proprio in virtù dell’assecondamento si verifica un altro fenomeno: l’eliminazione della dinamica del conflitto e della rottura. L’assenza di questi elementi porta infatti a non insegnare al figlio come relazionarsi con il “no” e con le situazioni di contrapposizione, portandolo a trovarsi in difficoltà nel momento in cui questo “no” arriverà al di fuori del nucleo familiare.
Gli studiosi hanno poi osservato una tendenza dei genitori di oggi all’identificarsi nei propri figli. Ciò trova fondamento non solo nel fenomeno di livellamento del rapporto parentale, ma anche nel cambiamento che ha subito il nucleo familiare nel suo assetto tipico. Differentemente dal passato, nella famiglia odierna entrambi i genitori si alzano la mattina presto e lavorano buona parte della giornata, avendo quindi meno tempo da dedicare ai propri figli e non potendoli seguire in primis nella scuola. Sono inoltre molto più soggetti ad ansia e stress, correlati soprattutto al modello di società dei nostri giorni: una società che plasma il ruolo del lavoro e la sua concezione, accostandolo a sinonimo di realizzazione personale.
Il genitore arriva così a concepire il proprio figlio come un’estensione di sé stesso, un riflesso del successo che il genitore pare dover dimostrare al mondo. La figura del figlio e il modo in cui crescerlo viene ridotto a mero fattore di realizzazione personale, finendo per concentrare su di lui le proprie aspettative e le proprie aspirazioni (le quali si trasformeranno in pressione psicologica).
Diviene pertanto quasi consequenziale, una difesa eccessiva e incondizionata del proprio figlio, che finisce per applicarsi nell’ambiente scolastico e nel rapporto del genitore con il docente.
La scuola
Il livello di conflittualità tra famiglia e scuola è indubbiamente cresciuto negli ultimi anni. Nonostante la collaborazione e la coordinazione tra queste due parti sia fondamentale nell’educazione dei giovani – anche alla luce di quanto sancito dall’art. 30 della Costituzione -, non è raro che il rapporto assuma forme non adeguate e controproducenti.
Le cause dei vari attriti sono però da individuarsi in vari fattori che cambiano a seconda delle parti.
Come la famiglia, negli ultimi decenni anche la scuola ha subito un periodo di profondi cambiamenti, in primis inerenti al piano istituzionale. A cambiare è stata soprattutto la figura del docente, che a fronte di questo frequente conflitto con le famiglie sembra essere quasi stato svuotato dalla sua autorità che un tempo gli era propria. I ricorrenti episodi di denunce hanno rovesciato quella concezione più attempata dell’insegnante, che lo vedeva come figura cardine riconosciuta a livello sociale.
Tuttavia, questa è solo la prima delle varie facce che presenta la questione.
D’altro canto, infatti, è stato l’insegnante stesso a cambiare la concezione che lui stesso ha del suo lavoro; un lavoro che non consiste più solo nel tentare un concorso, entrare in una graduatoria e insegnare concetti in maniera asettica, ma nel saper relazionarsi e gestire situazioni di particolare delicatezza. Le esigenze delle famiglie e i problemi in ambito scolastico sono infatti cambiati e sono sempre più vari, ma la scuola sembra esservi lontana vista l’impreparazione dei docenti anche nel solo rapportarsi a questioni del genere.
È proprio in virtù di queste problematiche ed esigenze (oltre ai vari fattori inerenti alla famiglia odierna esposti in precedenza), che l’atteggiamento antagonistico dei genitori nel rapportarsi col docente trova il suo fondamento.
Si viene a creare una situazione dove per l’insegnante diviene difficile individuare un proprio ruolo educativo armonico e complementare con quello delle famiglie, alcune delle quali possono presentare situazioni tanto difficili quanto delicate.
Per quanto fare i genitori sia il lavoro più difficile del mondo, il docente deve utilizzare il suo ruolo professionale per tornare ad essere un punto di riferimento nell’educazione dei giovani, utilizzando un pizzico di diplomazia nel rapporto con i genitori, ascoltando e cercando di costruire una collaborazione costruttiva.


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